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Il primo pensiero con cui mi svegliavo era uguale a quello con cui mi addormentavo. La differenza era solo nei tempi verbali: futuro la sera, domani è un altro giorno; presente la mattina, oggi è un giorno nuovo.
Aspettavo con pazienza si fosse pronti per poter finalmente srotolare insieme quel poco che mi restava del nastro dell’esistenza.
Non volevo rimestare nel passato, in colpe e responsabilità inutili da attribuire e di cui erano stati correi tutti: registi, attori, comparse, pubblico.
D’altronde a cosa sarebbe servito, il tempo non è recuperabile.
L’unica speranza era che il tempo, mentre scorre senza un prima e un dopo, incuriosisca e spinga a domandarsi come sarebbe ora quello che non ha potuto essere allora.
Un solco si può solo colmare ma se riguarda la vita solo superare alla ricerca di un sentiero sicuro.
Ricominciare è un’illusione.
Ma cominciare non è mai sbagliato.
Aspettare qualcuno che non arriva può diventare parte della vita, spesa a non morire lasciando qualcosa che non è un vuoto ma un’incompiuta.
Anche non parlarne con nessuno ha un senso, una direzione, una ragione. E io lo faccio da anni senza essere mai stanco, stufo, annoiato.
All’inizio le persone intorno a me, anche quelle che più mi volevano bene, mi dicevano che dovevo sfogare, lasciarmi andare, lottare. Poi quando hanno rinunciato mi hanno incolpato di essere debole, senza amore.
Invece è stato proprio per amore che ho deciso di essere più forte di chi voleva lo scontro ben sapendo che la sua era una posizione privilegiata: economica, sociale, legale.
Credevo che la maturazione avrebbe portato a quel giusto risentimento per l’abbandono, anche se abbandono non è mai stato ma solo una semplice e calcolata sottrazione.
D’altronde, se fossi morto se avessi tolto l’impiccio sarei stato, forse, l’ingombro a un riferimento passato, occasionale, non voluto davvero, semplicemente legato a una consuetudine che altri vivono nella loro normale quotidianità..
Casualmente ho scoperto che chi mi ha voluto tanto male ora sta peggio di me.
Se fossi credente direi che è stato il cielo, ma poiché non lo sono mi limito a riconoscere che l’esistenza a volte è più maligna e cattiva dell’agire umano.
Mai avrei immaginato, però, che alla scoperta di una notizia, così naturale, potessi riceverne un’emozione tanto forte da farmi avvertire la sgradevole sensazione del lutto.
Quando morirà, spero per lei presto, sarà circondata da ombre di cui ignorerà l’appartenenza. Morire così credo sia il peggior modo di chiudere la vita.
Forse assai peggio di un male che ti fa cercare nella morte, combattuta strenuamente, l’unica forma di liberazione dalla carne martoriata.
Intanto continuo ad aspettare in attesa di vedere cosa arriverà per primo anche per me.

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