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Nel mezzo del meriggio quasi allo scuro
m’incamminai nel viale dove l’auto avevo sostato,
verso un portone serrato ma nel civico sicuro.

Vi ero giunta per amicale consiglio
del cortese ed empatico medico di famiglia,
che seguiva mamma con cipiglio.

Cercai tra i nomi quel che m’interessava
e il pulsante affianco con fiducia schiacciai,
nessuno rispondea e ritentai mentre l’ora della visita avvicinava.

Finalmente una voce domandò chi fossi e che volessi,
in ella riconobbi la segretaria con cui fissai l’appuntamento,
e menzionandolo aspettai aprisse e entrassi.

Non qui deve bussare ma dopo le scale da basso,
rispose sbrigativamente senz’altra spiegazione,
mi voltai perplessa e individuato l’ingresso avviai il passo.

Nella tenue luce scesi lenta e diffidente
e superata l’ultima rampa sbucai nell’interrato,
quel contesto non mi sembrò molto promettente.

Cera una porta con scritto STUDIO MEDICO,
bussai e attesi, ripetei e riattesi ma nessuno rispondea,
stanca e delusa impugno la maniglia e la valico.

Una luminaria apparve chiara e accogliente,
alcune sedie contornavo altri due lati,
tre porte a manca concludeano l’orizzonte.

Su ognuna delle porte campeggiava un avvertimento,
non sostate lungo il viale rischio rimozione,
ripensai alla mia auto che proprio lì avevo lasciato.

Una voce cavernosa oltre la porta si udì,
Valente, avanti,
voltai lo sguardo e nessun’altro oltre me era lì.

Si spalancò la porta e a un uomo, forse il dottore,
dissi che non ero Valente ma Vittoria Assante,
e senza rispondermi con la mano mi invitò a entrare.

Gli consegnai gli esami e stavo per spiegare
ma lui mi zitti: qui le domande le faccio io,
intanto che io leggo si cominci a spogliare.

Pensai alla camicetta ma lui insisté via tutto,
e via la gonna e via la maglietta,
pensai che fosse troppo e lo squadrai di brutto.

Salga sulla bilancia che le prendo il peso,
al ché mi tranquillizzai e lo assecondai,
lei ha sei chili di troppo ma non è soprappeso.

Ma del colesterolo nel sangue che mi dice,
gli chiesi ormai lanciata ad essere informata,
parli del sangue nel colesterolo se la fà felice.

Stilò un elenco di alimenti da bandire
talmente lungo puntiglioso e articolato,
che ero certa alla fine di denutrizione poter morire.

Non si rassegni la vita è brutta ma va vissuta
e senza neppure un saluto disse
mi dia trecento euri e torni da dove è venuta.

Uscii dallo studio molto delusa
mentre il dottore ripeta: Valente, avanti
lasciai la sala vuota disillusa.

Nel buio dell’interrato insaccai le spalle
e avviandomi verso una salita notai una luce
e sicura mi avviai a riveder le stelle.

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